MT61: Sincronismi

 


L'inflazione in Europa si è stabilizzata. La Banca Centrale Europea continuerà con uno-due rialzi da 25 punti base. Se proprio dovesse andare male potrebbe spingersi a tre rialzi, comunque in perfetto timing con la Federal Reserve. Gli orologi della banche centrali sono allineati, il sincronismo è quasi perfetto. I rischi di recessione stanno aumentando e le pressioni inflazionistiche si stanno moderando. Questo porterà la Fed ad invertire la rotta nel quarto trimestre, prima che sia troppo tardi per l’economia. Se l'inflazione sale, anche il valore degli asset sale. Se la curva inverte e i tassi tornano come quelli di alcuni anni fa, il quadro diventerebbe molto chiaro: azionario giù e rendimenti dei titoli di stato su, non c’è altra strada. Se il recente rialzo dei tassi ha l'impressione (e non solo quella) di essere guidato dagli Stati Uniti, è probabile che lo scenario sopra descritto non abbia ancora raggiunto un ipotetica fase di rallentamento.

MAI & SEMPRE sembrano contraddizioni ma nei mercati finanziari spesso si ripetono. Solo per mettere le cose in prospettiva sul principale benchmark:

  • L'S&P500 non ha MAI toccato il fondo prima che la Federal Reserve iniziasse a tagliare i tassi di interesse
  • L'S&P500 è SEMPRE rimbalzato prima dell'ultimo taglio dei tassi di interesse

Nelle ultime settimane si sono aggiunti ulteriori motivi a conferma di questa tesi. Il consenso degli economisti è in accordo alla mia idea di considerare che la Banca Centrale Europea effettuerà al massimo altri tre rialzi di 25 punti base in questo ciclo nelle prossime tre riunioni; da qui si potrebbe naturalmente far notare che con un solo altro rialzo attualmente previsto dalla curva statunitense per quest'anno, seguito da due tagli, c'è più spazio per un aumento dei tassi nel breve termine in Europa. Fondamentalmente, lo sconto per ulteriori rialzi è il risultato dell'inizio più tardivo del ciclo della Bce, ma anche perchè l'inflazione di fondo è ancora in accelerazione, come ampiamente dimostrato dall’IPC core, epurato della componente più volatile.

Il ciclo dei rialzi in Europa non è ancora terminato — A meno che non si verifichi una drastica divergenza tra le due economie a sfavore dell'Europa, ha molto più senso che i mercati europei credano nella narrativa del rialzo più a lungo rispetto agli Stati Uniti, il cosiddetto “higher for longer”, confermando che questa è davvero l’ipotesi più concreta. L’andamento dei titoli di stato rimane su prezzi molto schiacciati: non credo che questo possa durare a lungo perchè rendimenti al 5% per i prossimi 20 anni potrebbero pesare e non poco sul debito pubblico dello Stato.

Questa settimana è l'ultima prima del “silenzio politico concordato” pre-riunione della Federal Reserve e i recenti commenti non hanno fatto nulla per contraddire la crescente convinzione del mercato (oltre il 90% dicono i Fed Funds) che verrà effettuato almeno un altro rialzo. La volatilità implicita rimane elevata sui panieri azionari e anche se la modalità risk-on è ancora nel pieno del trend, le settimane e i mesi a venire somiglieranno molto a un trading-range sull’S&P500, all'interno di un canale discendente in concomitanza con scadenze tecniche importanti e attivazione di cicli superiori, almeno fino a quando i dati non prenderanno una piega più decisa.



Appetito al rischio come in questo periodo con i mercati azionari al rialzo


Risk on: il significato — Cosa vogliono dire risk on e risk off sui mercati? I mercati finanziari si possono sostanzialmente trovare in due diverse situazioni ambientali: una prima situazione in cui c’è appetito per il rischio (definita Risk on), dove gli investitori, spinti dall’ottimismo e dalla positività, sono alla ricerca di rendimenti elevati. Sui mercati azionari si registra pertanto un aumento della pressione rialzista (con flussi in acquisto, in particolare, sui titoli a maggiore aggressività) mentre sul Forex la liquidità si sposta verso le valute che offrono alti tassi di interesse (e che sono molto spesso collegate al comportamento delle materie prime). In questa fase, ad esempio, il dollaro neozelandese, il dollaro australiano e quello canadese tendono solitamente ad apprezzarsi. I flussi in acquisto si dirigono anche sulle obbligazioni che offrono cedole elevate (high-yield) mentre vengono abbandonate le attività finanziarie sicure ma a basso rendimento come i bond di breve termine e il Bund tedesco.



Paura e forti tensioni causati da eventi geopolitici o finanziari


Risk off: il significato — Una seconda condizione (chiamata di Risk off) è invece caratterizzata dalla presenza di forti tensioni (economiche, politiche, finanziarie). Durante questa fase si verifica il tipico fenomeno del “flight to quality” ossia uno spostamento della liquidità verso le attività che presentano un basso profilo di rischio. Sui mercati azionari in una fase di risk off si verificano brusche ondate ribassiste (con capitali in uscita, in particolare, sui titoli più aggressivi) mentre sul Forex gli investitori si spostano verso le valute considerate più sicure (ad esempio il franco svizzero e lo yen).

UK, storia di un disastro annunciato

L’Indice dei Prezzi al Consumo (dato core) nel Regno Unito si è mantenuto al 6,2%, più alto rispetto alle aspettative che scivolasse sotto il 6%. L’inflazione globale è rimasta inaspettatamente a due cifre, al 10,1%, anche se la situazione cambierà più chiaramente ad Aprile, quando il dato della componente energetica (gas/elettricità) sarà eliminato dal confronto attuale. Questo dato è molto negativo per la Boe (Bank of England) in vista dell’imminente riunione di Maggio.

La resilienza dell’inflazione in UK non è una sorpresa. In gran parte questo è dovuto ad alcuni settori come l’abbigliamento e l’arredamento che hanno contribuito a rallentare la tendenza disinflazionistica nei beni durevoli. Questa tenuta è destinata ad essere scalfita in quanto, i costi delle catene di approvvigionamento, le riduzioni dei costi produttivi e il calo del rapporto tra ordini e scorte stanno dando segnali di miglioramento. Anche la Boe sembra orientata per un ulteriore rialzo dei tassi, come prezzano anche futures ed economisti, ma non credo che possano spingersi troppo oltre.



Mentre gli Stati Uniti e l’Europa hanno quasi pareggiato i tassi nominali con l’inflazione, in UK la distanza è ancora abissale. Negli ultimi anni la Brexit, le scellerate scelte politiche e la rincorsa allo status di hub off-shore per l’Europa, ha innescato all’interno dell’economia britannica una serie di reazioni a catena che sono andate una peggio dell’altra, generando lo snowball effect, palla di neve o effetto a catena. Mantenendo i tassi reali più bassi nei mercati sviluppati e segnalando persino una pausa, la Banca d’Inghilterra è andata in contro ad un errore di politica monetaria, avendo confuso i driver dell’inflazione strutturale con dei fattori transitori, come fece la Federal Reserve qualche anno fa. Quello che ha in parte salvato gli Stati Uniti è che la Fed ha ripreso subito il controllo, iniziando un potente e rapido rialzo dei tassi mentre nel Regno Unito hanno fatto troppo poco e troppo tardi.

Qual è la differenza fra tassi di interesse nominali e reali? — Il tasso di interesse nominale è quello effettivamente concordato e pagato. È ad esempio il tasso che versa sul mutuo l’acquirente di un’abitazione, oppure quello che un risparmiatore riceve sul proprio deposito. Chi prende un prestito paga il tasso nominale; chi deposita i suoi risparmi lo riceve. Per chi prende un prestito o deposita i suoi risparmi non conta solo l’importo nominale pagato; conta anche cosa può comprare con quei soldi. Gli economisti lo chiamano “potere di acquisto della moneta”. Di solito diminuisce nel tempo perché i prezzi aumentano a causa dell’inflazione. Se teniamo conto dell’inflazione, capiamo realmente quanto ci costa un prestito e quanto ci rende il risparmio. Si calcola così: tasso di interesse reale = tasso di interesse nominale - inflazione.



Alla ricerca del pivot in Europa | Eurostat


Diversa la situazione in Europa. Diverse misure dell'inflazione di fondo hanno registrato un primo calo provvisorio a Marzo da livelli record, tra cui il calcolo mediano e quello super core. Se l'inflazione core si stabilizza e inizia a diminuire intorno all'estate, cambia tutto per la BCE. Intendo dire che se la core smette di salire, la BCE può concordare aumenti di 25 punti base come compromesso, fermarsi sotto il 4% e rimanere lì, confermando il sincronismo con la Federal Reserve. Il primo miglioramento dell’area Euro dopo quasi due anni di aumenti sconsiderati non sarà probabilmente il pivot point per il 2023 per la Bce, ma è chiaro che siamo molto più vicini ai massimi che all’inizio di una nuova fase interventista.

Inflazione in Europa al 2%: utopia o realtà?

L'inflazione complessiva nell'Eurozona ha continuato a scendere ma quasi esclusivamente a causa degli effetti base dei prezzi dell'energia. L'inflazione di fondo (quella core, ndr) rimane ostinatamente elevata e di recente è addirittura aumentata. Nella riunione di Marzo, la Bce ha discusso se l'inflazione di fondo fosse già a un punto di svolta, ma non è riuscita a individuare alcuna prova concreta. Allo stesso tempo, "diversi membri ritengono che i rischi siano inclinati verso l'alto sull'intero orizzonte", mettendo in dubbio le proiezioni dello staff che prevedono una convergenza dell'inflazione al 2% nel 2025.

La fiducia dei consumatori è scesa ai minimi storici l'anno scorso, quando la guerra in Ucraina ha pesato sul sentimento e sui portafogli dei consumatori a causa dell'impennata dell'inflazione. Tuttavia, inizialmente questo non ha portato a una contrazione dei consumi, poiché la riapertura post-pandemia ha causato un recupero della spesa, soprattutto nei servizi, tra i consumatori dell'eurozona. Nel quarto trimestre, tuttavia, abbiamo assistito a una contrazione record dei consumi delle famiglie, dovuta non solo alla riduzione dei consumi energetici, ma anche al calo dei consumi di beni e servizi semidurevoli. Ciò è avvenuto sulla scia di una leggera ripresa della fiducia dei consumatori. I segnali di fiducia nei consumi sono stati quindi offuscati dall'attività post-pandemia. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un miglioramento dei salari e a un cauto calo dell'inflazione: ci stiamo avvicinando al punto in cui la crescita dei salari dell'eurozona supererà di nuovo l'inflazione, ma per ora continuiamo a fare i conti con la perdita di potere d'acquisto. Il lato positivo è che il mercato del lavoro ha continuato a registrare livelli di disoccupazione da record, il che costituisce una solida base per la prosecuzione dei consumi. L'insieme di questi fattori crea un contesto di modesta crescita dei consumi nel corso del 2023.

La domanda a questo punto sorge spontanea: come pensano (i banchieri, ndr) di arrivare tra soli due anni al target del 2% di inflazione? Potranno farlo soltanto con la distruzione totale dell’economia, non certo con una strategia di normalizzazione dei tassi. 



Inflazione area Euro divisa per paesi, rilevazione Marzo 2023 | Eurostat


Nell'ultimo anno, l'inflazione si è trasformata da un problema di offerta a un problema di domanda. Dato che i tassi d'interesse e i prezzi di mercato sono quasi tornati ai livelli precedenti alle turbolenze bancarie, le proiezioni di Marzo (mostrate nelle minute della Bce) sono attualmente più accurate di quanto non fossero durante la precedente riunione. C'è tuttavia un elemento che colpisce: mentre la Bce prevede che l'economia dell'eurozona torni al suo tasso di crescita potenziale all'inizio del 2024, l'inflazione continuerà a scendere fino al 2025. Dubito che questa combinazione sia fattibile, ma penso che o l'inflazione rimarrà più rigida se le previsioni di crescita della Bce sono corrette o che la crescita dovrà essere più debole per riportare l'inflazione all'obiettivo.

Un bel grattacapo non solo per i banchieri centrali ma anche per gli stati dell’Europa disunita (permettetemi la battuta) che dovrà far fronte ai vari focolai sull’unione fiscale da trovare con gli alleati, spaccati da nord a sud, e cercare di spendere in maniera ottimale i fondi stanziali dal PNRR. La battaglia del green sta davvero consumando tante energie a volte davvero inutili. Questo fattore sta contraendo i consumi di beni durevoli e mantenendo i costi alti che vengono scaricati nei prezzi finali. Se solo considerassimo che l’Europa produce soltanto l’8% di Co2 globale, intuiremo facilmente che il problema è dall’altra parte del mondo dove Cina e India sono responsabili di circa il 60% delle emissioni totali. Non è una battaglia tra buoni e cattivi, quella che si sta facendo qui in Italia e a Bruxelles è soltanto autolesionismo.

Al prossimo articolo!


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