MT57: Sotto Mentite Spoglie
UBS acquista la disastrata Credit Suisse, mentre Fed e Bce continuano non curanti la lotta donchisciottesca all'inflazione
Alla fine, la messa in sicurezza della banca svizzera può essere considerata una sorta di nazionalizzazione, sotto mentite spoglie. L'istituto è stato rilevato da UBS per circa 3 miliardi di franchi svizzeri in azioni, ma questo è avvenuto con parecchia assistenza dello stato, che si è concretizzata con 9 miliardi di garanzie, oltre 100 miliardi di linea di credito (liquida) di emergenza, e l'aggiunta della cancellazione di circa 17 miliardi di debito subordinato che vengono totalmente azzerati. Manco avessero perso la guerra come la Germania di Hitler. L'aspetto più sorprendente (e sconcertante a mio parere) è che per la prima volta viene sovvertita la gerarchia obbligazioni-azionario nel senso che i primi vengono azzerati mentre alla seconda viene riconosciuto un valore, sia pure con un deprezzamento marcato rispetto ai livelli precedenti. Scaviamo più a fondo.
UBS ha triplicato il suo valore di portafoglio dopo l’acquisizione di Credit Suisse: 3 miliardi spesi e 5,5 incassati in poche ore | Fonte sconosciuta
La velocità con cui si sviluppano le crisi bancarie nel 2023 è impressionante. Dopo un weekend turbolento dove le paure e le speranze si davano il cambio e le notizie correvano veloci, in poche ore dopo l’apertura dei mercati europei ecco sopraggiungere uno splendido sole che riporta il sereno e il segno verde su tutti i listini mondiali. Traders, speculatori e grandi istituzioni collassati dalla volatilità, mentre ignari investitori raccoglievano i cocci dopo la tempesta. E’ bastato un evento di secondo piano partito dalla Silicon Valley per erodere il sentiment positivo costruito in tre mesi di rialzi: passare dal fear of missing out al dissesto alla velocità della luce. Sicuramente l’ex colosso svizzero (ora è paragonabile ad una banchetta, non me ne vogliano gli amanti del sogno svizzero) era da tempo che navigava in cattive acque, e questa è stata la vera fortuna dell’Europa. Questo ha alzato la soglia di attenzione dei big-players che adesso prenderanno molto seriamente ogni prossimo incidente, anche se sanno di essere autorizzati al fallimento. Il detto “too big to fail” è stato confermato anche stavolta: i manager pluripremiati con stipendi a sette zeri potranno continuare a fare cazzate immani, perchè ci sarà qualche stato che “in nome del popolo” proverà il salvataggio. Benvenuti nel magico parco giochi della finanza dopata.
Il banco vince sempre
La scorsa settimana abbiamo assistito ad un terremoto, non tanto perchè la Banca Centrale Europea ha confermato l’idea iniziale di alzare di 50 punti base come preventivato ritenendo non contagiosa i venti di fallimento partiti da SVB e giunti fino a Credit Suisse, bensì perchè la regolamentazione è stata stravolta. Di nuovo. Senza interpellare gli azionisti. Questa è una delle cose più gravi per la credibilità del sistema bancario nazionale.
UBS ha finalizzato l’acquisizione di Credit Suisse per 3 miliardi di franchi svizzeri, ricevendo inoltre dalla banca centrale svizzera importanti garanzie e aiuti per sostenere questa operazione che sicuramente ha avuto un costo molto inferiore rispetto alle quotazioni di mercato, vista la situazione di estrema difficoltà in cui versava l’istituto di credito elvetico. I benefici di questa operazione sono risultati immediati per UBS che ha visto il proprio titolo alla Borsa di Zurigo decollare con rialzi a doppia cifra nella giornata stessa e continuare poi in quelle successive. La scorsa settimana la capitalizzazione del colosso svizzero è aumentata di oltre 5,5 miliardi di franchi a testimonianza di come gli investitori considerano un ottimo affare l’acquisizione di Credit Suisse con un rialzo così importante che non si vedeva da Marzo 2020.
Grafico che mostra l'enorme differenza di performance tra Credit Suisse e UBS: nel 2010 avevano una capitalizzazione di mercato simile. Ora UBS è più di otto volte più grande di Credit Suisse | Bloomberg
La Banca centrale svizzera concederà a UBS fino a 100 miliardi di franchi svizzeri di liquidità a UBS per sostenere la sua acquisizione di Credit Suisse. È quanto si legge in una nota della Banca Centrale Sviz- zera. L’operazione di acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, sottolinea l’Autorità, «avviene in stretto coordinamento con la Finma, la Confederazione e la Bns. Il sostegno straordinario da parte dello Stato comporta un azzeramento integrale del valore nominale di tutte le obbligazioni AT1 di Credit Suisse per un importo pari a circa 16 miliardi di franchi e pertanto un incremento dei fondi propri di base. La banca risultante dall’operazione di fusione presenta dimensioni più grandi. L’attuale rego- lamentazione prevede al riguardo cuscinetti di capitale più stringenti. La Finma concederà consoni termini transitori per la relativa costituzione»
“Ubs ha fatto l’affare della vita: mai nella storia una banca ha aumentato il proprio Nav (Net Asset Value) del 70% in una notte: questo sarà molto positivo per tutti gli stakeholder”. Così Davide Serra, ceo del fondo Algebris, commenta il salvataggio del Credit Suisse da parte di Ubs. Quanto alle caratteristiche dell’operazione, Serra ha ammesso che “la Finma ha certamente sorpreso con la modifica della legge fatta da un giorno all'altro e con il capovolgimento della seniority della struttura del capitale”. La parte più importante dell’intervista del Sole 24 Ore: “Questo non è mai successo (cambiare le regole del gioco in corso) ed è chiaramente un errore politico molto spiacevole. Nel frattempo, la dichiarazione della Bce di questa mattina, che ha sempre rispettato la struttura del capitale delle banche dell’Ue, fornisce un chiarimento importante”. Per questo Serra non pensa “che ci sarà un impatto strutturale a lungo termine sugli At1 in Europa, al di fuori della Svizzera. Si tratta di strutture di capitale del G20 che esistono in tutto il mondo; queste obbligazioni che assorbono le perdite - ha concluso - fanno parte del tessuto del debito bancario e rimarranno tali in Europa e negli Stati Uniti con Basilea III”.
Gli Stati Uniti a detta del presidente Biden, sono pronti a garantire tutti i depositi bancari. Ad oggi ammontano a 17 mila miliardi di dollari | Monopoly
Come ci ricorda il Monopoly, il banco vince sempre. Non può perdere e non lo farà neanche stavolta, ma c’è un MA gigantesco questa volta. La moneta è un gioco di fiducia, senza quella è solo carta straccia. Come faranno le banche centrali e le istituzioni a far ricredere al mondo intero di essere credibili quando in una notte, in fretta e furia prima delle aperture delle piazze finanziarie, improvvisano un acquisizione?
La recidività degli ellenici dopo il fattaccio del 2015
Mai fidarsi degli svizzeri. Questo è ancora più vero oggi, dopo lo scandalo che ha coinvolto la Banca Centrale Svizzera in collaborazione con UBS. Ma la storia ci insegna che non è la prima volta che la SNB (Swiss National Bank) la combina grossa. Era già successo nel 2015 quando abbandonarono la soglia minima di 1,20 nel tasso di cambio contro l’euro.
La Banca Centrale Svizzera (SNB) rinunciò alla sua politica di difesa del tasso di cambio di 1,20 franchi svizzeri per euro, mantenuta negli ultimi tre anni per evitare che la sua valuta aumentasse troppo di valore rispetto alla moneta europea e al dollaro. L’annuncio sorprese buona parte degli analisti e degli investitori, che appena un mese prima erano stati rassicurati dai responsabili della SNB con promesse sul mantenimento della politica di blocco del franco svizzero. La borsa di Zurigo arrivò a perdere fino al 10% prima di recuperare e il valore al cambio del franco svizzero aumentò di nuovo rapidamente, ma oramai il danno epocale era fatto.
Nel 2011 la Banca Centrale Svizzera aveva deciso, unilateralmente e assumendosene tutte le responsabilità di istituire un limite minimo di cambio a 1,20 franchi per euro, temendo che la sua valuta potesse rafforzarsi troppo rispetto alle altre monete. Era il periodo della grande instabilità economica e finanziaria dovuta alla crisi di alcuni paesi europei, Italia compresa, e molti investitori ritenevano che in Europa solo il franco svizzero potesse dare buone garanzie per la tenuta dei loro investimenti. La domanda per la valuta continuava ad aumentare e di conseguenza il suo valore: la SNB intervenne per evitare che aumentasse troppo, cosa che avrebbe potuto danneggiare le esportazioni (chi compra dall’estero beni prodotti in un altro paese deve di solito fare i conti con il cambio, e se è troppo sfavorevole spesso si rivolge altrove).
Dopo essere rimasto fermo a un minimo di 1,20, arrivò la rimozione del blocco da parte della SNB il franco svizzero aumentò sensibilmente il suo valore fino al 39% circa rispetto all’euro e al dollaro, poi scese stabilizzandosi intorno al 14%. Questo significò che con 1 euro si ottenevano 1,03 franchi e non più 1,20 come era in precedenza. Il principale indice azionario della borsa di Zurigo perse oltre il 10%, e in molti casi le aziende che sono andate peggio sono state quelle che basano buona parte dei loro affari sulle esportazioni.
La spike ribassista del cambio Euro Franco in pochi minuti dopo la rimozione del blocco | Fonte Google
Il limite di 1,20 fu accolto positivamente dagli esportatori, che in questo modo avevano una garanzia sul fatto che il franco svizzero non potesse apprezzarsi più di tanto rispetto ad altre valute. Nick Hatek, amministratore delegato di Swatch, uno dei più grandi esportatori di orologi della Svizzera, disse che la decisione della SNB equivaleva a uno “tsunami per le esportazioni e per il turismo, e di conseguenza per l’intero paese”. Le azioni di Swatch persero fino al 16% in borsa. Anche i titoli bancari dell’epoca soffrirono con a capo (non a caso) UBS e Credit Suisse.
La Banca Centrale Svizzera motivò la sua decisione ricordando che la sua “misura eccezionale e temporanea ha protetto l’economia della Svizzera che rischiava di subire seri danni”. Per mantenere la soglia minima nel tasso di cambio, infatti, la SNB si era impegnata negli ultimi anni ad acquistare enormi quantità di euro per controbilanciare la domanda di franchi svizzeri, tanto da spingere alcuni detrattori a contestare questa politica. A Novembre del 2014 era stato bocciato un referendum che se fosse passato avrebbe obbligato la SNB a convertire in oro parte delle sue riserve, cosa che secondo i sostenitori della consultazione avrebbe permesso di rendere la sua politica economica più stabile e sicura. Comunicando la fine della soglia minima, la SNB ha inoltre spiegò che il dollaro ha aumentato ultimamente il proprio valore, cosa che in parte dovrebbe attenuare gli effetti della sua decisione. La Banca portò a -0,75% il tasso di interesse che veniva applicato ai fondi delle banche depositati presso la stessa SNB. Corsi e ricorsi storici.
BCE ancora in modalità “struzzo”
La Banca Centrale Europea continua a combattere l'inflazione ed ha annunciato un aumento dei tassi di 50 punti base ignorando il contagio sistemico delle banche d’affari. Le preoccupazioni per la stabilità dei prezzi hanno chiaramente la meglio su quelle per la stabilità finanziaria, almeno per il momento. Dopo gli ultimi sviluppi delle note vicende sopra citate, c'erano dubbi sul fatto che la BCE avrebbe continuato il suo ciclo di rialzi ma così è stato. Con le ultime proiezioni sull'inflazione che prevedono un'inflazione core e headline vicina al 2% nel 2025, la BCE continuerà ad essere aggressiva. Forse i rialzi dovevano terminare già in questa riunione? Addio soft landing e in arrivo recessione dura? Approfondiamo.
Fed, Bce, Bns, Boe, Boj e Boc domenica scorsa hanno annunciato un’azione coordinata per aumentare la liquidità dopo il collasso di alcune importanti banche | Investing.com
Dalla crisi del 2007 e del 2008, i mercati finanziari si sono abituati all'idea che le banche centrali giocheranno sempre il ruolo di prestatore di ultima istanza. In un contesto europeo, che si tratti di una crisi finanziaria, di una crisi dell'euro o di una pandemia, la BCE è sempre stata pronta ad aiutare. "A qualsiasi costo, Whatever It Takes", se necessario. Tuttavia, la grande differenza tra gli ultimi 15 anni e oggi è che c'è un grave problema di inflazione. La BCE non può semplicemente tornare al suo ruolo di pompiere, perché deve combattere l'inflazione. Il fatto che il bilanciamento tra stabilità finanziaria e stabilità dei prezzi possa essere un conflitto di interessi per la BCE è stato sempre più chiaro da quando la vigilanza sulle banche europee, sulla scia della crisi dell'euro, è stata trasferita alla BCE.
Quello che i mercati e i banchieri centrali stanno sperimentando è in realtà ciò che gli studenti universitari imparano al primo anno di studi di economia: la politica monetaria ha un impatto sull'economia. Non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno che la stretta monetaria più aggressiva dall'inizio dell'eurozona nel 1999 abbia e avrà effetti negativi. Gli ultimi giorni hanno ricordato alla BCE che i prossimi passi nella lotta all'inflazione saranno molto più difficili di quelli compiuti finora. E’ come uscire da un periodo di drawdown nel trading: protezione, stabilizzazione e ri-bilanciamento. La prima fase di uscita dalle cosiddette misure non convenzionali (tassi di interesse negativi e acquisti di obbligazioni) è andata relativamente liscia, ma ora che i tassi di interesse sono in territorio restrittivo, ogni ulteriore aumento dei tassi aumenta il rischio di rottura. Di conseguenza mi aspetto che a breve la BCE diventi più colomba, lasciando probabilmente intendere un rallentamento del ritmo e dell'entità di eventuali ulteriori rialzi dei tassi. E così dovrebbe fare anche la Fed, ormai ci siamo.
Federal Reserve verso il pivot
E veniamo all'evento che ha allietato tutta la settimana, ovvero il meeting della Federal Reserve. Il mercato scontava un 75-80% di probabilità di un rialzo da 25 punti base. Meno di 2 settimane fa scontava un 70% di probabilità di 50 punti base, e vedeva i Fed Funds al 5.70% a Settembre e al 5.55% a Dicembre. Ora, per le stesse date vede 4.60% e 4.30% e il picco è indicato a Maggio al 4.90%. Stiamo parlando di 80-120 punti base in meno per il target stravolto in qualche settimana dopo il fattaccio a catena di SVB, First Republic Bank, Signature e via discorrendo. Non si può dire che il mercato dei tassi non abbia preso gli ultimi eventi seriamente.
Come da previsione dunque la Federal Reserve ha alzato il tasso di riferimento di 25 punti base, ma segnala che "potrebbe" aumentare solo un'altra volta. Si tratta di una scelta colomba, ovvero accomodante per l’economia dopo i fattacci partiti in Silicon Valley, anche se non si aspettano che i recenti problemi bancari facciano deragliare significativamente l'economia. Io non sono d’accordo e ormai non è evitabile l’inevitabile: recessione e atterraggio duro per l'economia.
La Federal Reserve non lascia mai passare molto tempo tra l'ultimo rialzo di un ciclo e il primo taglio dei tassi | Bloomberg
Il taglio dei tassi nella seconda metà del 2023 rimane la mia previsione più probabile adesso. Non ho dato molto ascolto ai Fed Funds nelle ultime settimane perchè erano carichi di falsi segnali, movimenti che riprezzavano continuamente ogni singolo battito di ali di ogni mosca all’interno dei corridoi di Fed e Bce. Adesso avanti a noi abbiamo un altro rialzo da 0.25, poi “un periodo di solidificazione”, come lo ha definito Powell che immagino intendesse stabilizzazione dei tassi e Fed Pivot non oltre il 5%.
L'inflazione resta troppo elevata, e recentemente ha sorpreso al rialzo. La Fed si sta prendendo cura della crisi di liquidità che le ha imposto di fare risalire in maniera significativa il proprio bilancio (ricordate quando scrissi che il market mover del 2023 non era l’inflazione bensì la liquidità? Eccoci al dunque). L'idea dominante nel consiglio direttivo è che tra la lotta all'inflazione e la preservazione della stabilità finanziaria possano essere gestite separatamente. Rispetto a poche settimane fa, le condizioni in cui versa il settore bancario adesso costituisce un rischio e un brutto risveglio dopo il lieto fine del 2022 e la partenza a razzo del ‘23. Se è vero che loro hanno gli strumenti per evitare dissesti e contagio, è anche vero che i costi di finanziamento per le banche è destinato a salire, in particolare per quelle regionali, che finanziano la piccola e media impresa, e l'immobiliare commerciale e residenziale.
Il QT (ristringimento quantitativo, alias ritiro della liquidità) è morto: il programma di prestiti di emergenza della Federal Reserve potrebbe iniettare fino a 2.000 miliardi di dollari di fondi nel sistema bancario statunitense e alleviare la crisi di liquidità | Federal Reserve
Qualora la crisi dovesse peggiorare notevolmente nelle prossime settimane, le banche centrali con Fed in testa, dovranno ammettere che il problema è di natura monetaria (come cerco di sottolineare da settimane, dopo il crollo del circolante, M2). A quel punto potrebbe sopraggiungere una notevole difficoltà nel gestire la curva dei rendimenti, la fuga dei depositi e le perdite realizzate nei portafogli obbligazionari. A quel punto il pivot sarà imminente e il prossimo passo è uno soltanto: tagliare i tassi velocemente. Questo comporterà un rapido re-pricing così come avvenuto con i Fed Funds, anche l’equity dovrà arretrare e ricalcolare il valore reale delle aziende. Se tutto ciò dovesse avvenire il quadro sarà completo: il soft landing è stato un sogno a cui il mercato ha voluto credere. La recessione diventerà reale e il denaro gratis a cui hanno attinto traders e speculatori da bolla finanziaria verranno a galla e, come dice l’antico detto di borsa coniato da Warren Buffet, “vedremo realmente chi faceva il bagno nudo”.
Al prossimo articolo…!